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*Meditazione Samatha:*

La Mindfulness, riprendendo dal Buddhismo, prende diverse pratiche buddhiste e le rielabora per un pubblico occidentale.
La Meditazione Buddhista si divide in 3 tipi principali: Samatha, Vipassana e Metta.
La Meditazione Samatha è di concentrazione sui kammaṭṭhāna, ovvero 40 oggetti di meditazione, che possono essere *immagini o scene da fissare o visualizzare;* *concetti su cui riflettere [meditazione riflessiva]*, da *ripeterne le parole come mantra o affermazioni* o, ancora una volta, *visualizzare;* o infine il *respiro* (Ānāpānasati, letteralmente *"consapevolezza del respiro").*

- Questi includono i 10 *kasiṇa: terra, acqua, fuoco, vento, bruno, dorato, rosso, bianco, cielo, luce.*

- I 10 asubha (ovvero una contemplazione su aspetti sgradevoli del corpo per interiorizzare il concetto di impermanenza): un cadavere gonfiato, uno brunastro o violaceo, uno in putrefazione, uno purulento, uno separato in due o più parti, uno mangiato dagli animali, uno disperso in varie parti, uno anch'esso in parti ma tagliate con il coltello, uno a cui cola sangue, uno pieno di vermi, e infine lo scheletro di un cadavere.

- A seguire vi sono i 10 anussati (le cosiddette "considerazioni attente"), ovvero: la considerazione attenta sulle qualità di Buddha, quelle del Dharma, quelle del Sangha *(la comunità),* sulle *qualità della virtù, dell'atto di donare, sulle qualità degli Dei, sulle qualità da sviluppare per rinascere come Divinità, sulle qualità del Nirvana,* sull' *inevitabilità della morte,* sull' *aria che entra ed esce ovvero sulla respirazione,* sulle *32 parti del corpo (questa divisione in 32 parti non corrisponde ad un taglio per zona ma ai differenti tipi di componenti:* capelli, peli, unghie, denti, pelle, carne, tendini, ossa, midollo, reni, cuore, fegato, membrana - ovvero la sostanza che ricopre gli organi della cassa toracica -, milza, polmoni, intestini, mesentere - ovvero una piega che collega le anse dell'intestino crasso alla parete posteriore dell'addome -, contenuto dello stomaco - ovvero il cibo ingerito e quello in corso di digestione -, escrementi, cervello, bile, linfa, pus, sangue, lacrime, saliva, sudore, grasso duro, grasso liquido, secrezione, sinovia, urina. E' dunque una sorta di *"Body Scan interno", dei diversi organi interni)*.

- Successivamente vi sono i 4 brahmā vihāra (dimore divine o nobili stati dell'essere): *gentilezza amorevole o benevolenza, compassione, gioia altruista ed equanimità.*

- A seguire si immagineranno i 4 arūpa, ovvero si cercherà di pensare o immaginare: lo spazio infinito; la coscienza o consapevolezza infinita; il nulla infinito; il né percepire né non-percepire.

- Infine, vi è la percezione di disgusto del cibo, l'aspetto ripugnante del cibo; e i 4 grandi elementi: terra, acqua, fuoco e aria.


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*Come Meditare in Samatha sui Concetti o Qualità:*

Scegliamo une delle 9 qualità di Buddha, per esempio arahaṃ. La quale significa che egli è il più nobile degli esseri, poiché è il solo capace di giungere da se stesso alla libertà ed anche il solo in grado di concepire l'insegnamento del Dhamma (per farne beneficiare gli altri).

Ci *impregnamo in modo pieno di sentimento* che può, secondo la nostra esperienza, o secondo i momenti, manifestarsi come *una devozione, un rispetto, un omaggio, un ringraziamento, un'ammirazione, o anche una fusione di molti di questi aspetti.* Per dare più intensità al nostro sentimento di devozione (se ve ne fosse bisogno), possiamo *pensare alle pāramī/qualità eccezionali* che Buddha ha sviluppato *(in materia di determinazione, di resistenza, di sforzo, ecc.)* per farci ottenere la maniera pronta ad una liberazione molto più rapida e sicura di quanto avrebbe dovuto esprimersi attraverso un numero inimmaginabile di sofferenze.

Ci sforziamo a che il nostro spirito sia abitato unicamente da questo *sentimento di devozione, di gratitudine,* coscienti che le nostre difficoltà, anche le peggiori, sono talmente insignificanti, *paragonate a tutto ciò che Buddha ha dovuto provare per aprirci "la porta di uscita", per la quale (in paragone) ci bastano ora uno o due passi ad oltrepassarla.*

Onde aiutarci ad ancorare questo buddhānussati alla nostra interiorità, possiamo *associare il nostro senso devozionale scelto (nel nostro esempio, arahaṃ), ripetendolo lentamente e mentalmente. Pronunciarlo a bassa voce può talora portare un aiuto supplementare, mentre si comincia una seduta di meditazione, per esempio.*

Con un po' di allenamento, *la ripetizione mentale della parola* porta naturalmente con sé il *sentimento di devozione, legato al suo significato.* Possiamo, a questo punto, *abbandonare la parola, restando concentrati solo sull'oggetto — ossia, il sentimento di devozione verso Buddha — se sentiamo la necessità di questo supporto o passo.* Sicuramente non hanno importanza i termini o il pronunciarli. Conta solo lo stato mentale.

Per meglio pecepire o per accrescere il buddhānussati possiamo anche *aiutarci con i gesti, come giungere le mani in segno di rispetto,* oppure *guardare la statua* di Buddha o anche, *immaginarlo davanti a noi, radioso...*

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*Meditazione Metta:*

Come molti oggetti di meditazione, mettā bhavana incarna un principio estremente semplice; solo la sua applicazione può prendere del tempo.

*Immergiamo, più che sia possibile, il nostro spirito nella benevolenza pura; poi, prolunghiamo questo stato mentale a lungo restando ben concentrati su di esso.* E ogni volta che possiamo *riportiamo la nostra attenzione su questo oggetto.*
*> aiutati con immagine o stimolo (suono/musica, olfatto/profumo, visualizzare o vedere qualcosa che ispira quel sentimento, ecc. -> con 5+ sensi)*

Affinché ci sia di aiuto allo sviluppo della benevolenza, cominciamo a *cegliere quale obiettivo, delle persone su cui proiettarla.* Ed essendo gli individui un supporto, in mettā bhāvanā, in grado di incentivare la benevolenza, è opportuno non dare ad essi molta attenzione. Dobbiamo rimanere *focalizzati esclusivamente sul sentimento della benevolenza.*

*La prima persona su cui dirigere la benevolenza dobbiamo imperativamente essere noi stessi,* per una ragione evidente. Quando noi diffondiamo della benevolenza verso qualcuno, questa attraversa obbligatoriamente noi. Come potere, allora "inviare del benessere", quando ne siamo "a secco"? Come dare dell'amore quando non ne esiste neppure per noi? E' come una centrale elettrica che non può distribuire dell'elettricità in un paese, senza esserne provvista.

*Ripetere una formula si dimostra di grande aiuto, soprattutto nei primi tempi della pratica (per qualche settimana, ad esempio), oppure a guisa di trampolino, durante i primi 5 oppure 10 minuti di ogni sessione seduta.* Ciascuno può scegliere la formula che meglio gli si adatta, senza che essa sia una frase troppo lunga. Per esempio: *"Possa io stare bene, al riparo di ogni pericolo, in buona salute ed in Pace!"* Un esempio breve è: *"Possa stare bene ed in Pace!"*

Vengono indicati diversi metodi per la scelta degli obiettivi verso cui emanare la benevolenza, come *l'estensione progressiva nella zona; prima a tutti gli esseri (compresi coloro che sono invisibili), situati nella nostra stessa casa; poi quelli del quartiere o del villaggio; poi della regione, del paese, del mondo; ed infine l'assieme delle esistenze nell'universo.*

*Un altro sistema sta nel partire dall'obiettivo più facile sino a raggiungere quello più difficile.*
*Noi siamo sempre quello più semplice.* Se, a volte, abbiamo l'impressione che è più agevole destinare benevolenza agli altri, più che a se stessi, si tratta di un'idea errata, prodotta generalmente dal fatto che si crede si tratti di egoismo o di cosa inutile. Al contrario, è una grande necessità, particolartmente se abbiamo poca fiducia in noi.

*Ripetere in modo circolare questo tipo di formulazione* può sembrare un fatto che manchi di naturalezza, all'inizio; e lo stesso accade d'altronde allorché *dirigiamo tutto il flusso della nostra benevolenza, in modo continuo, verso persone che noi non apprezziamo abitualmente.* Come in ogni campo, nessun allenamento è facile all'inizio. Il successo viene con la persistenza e con la pazienza.

*Una volta che ci sentiremo saturi di mettā, riguardo a noi stessi, potremo cambiare obiettivo. Sceglieremo allora la persona che apprezziamo di più: il nostro migliore amico, o la nostra migliore amica - e, in ogni caso, mai una persona di sesso opposto o, più precisamente, eviteremo il sesso che ci attrae* (nel caso fossimo sedotti dai due generi diversi, *visualizzeremo delle persone* verso le quali non proviamo attrazione sensuale). In caso contrario il fatto di potenziare la benevolenza genererebbe, più o meno inevitabilmente, del desiderio sensuale (se non sessuale) per tale persona, e ciò corromperebbe la purezza della nostra meditazione. Non ci dimentichiamo che se la benevolenza è uno stato spirituale benefico, il desiderio è invece pernicioso.

Quando mettā "scorre" bene, è come un climatizzatore emanante dell'aria che rinfresca costantemente, qualunque sia la persona che ne è l'obiettivo. Sta ad ognuno regolarne l'utilizzo: ogni ora, ogni giorno, ogni settimana.

*Dopo i nostri migliori amici, continueremo ad augurare le cose migliori, con tutta la sincerità, orientando la benevolenza verso una persona che ci sia indifferente; ossia, verso chi non apprezziamo, né deprezziamo in modo particolare.*

*Il successivo oggetto di mettā sarà il nostro "peggior nemico";* o se non ne abbiamo, *chi ci può avere causato dei torti, o che pare ostile nei nostri riguardi.*
E se invece tutti sono nostri amici, potremo cercare *qualcuno che sia nocivo verso altri.*

*La persona scelta (qualunque ne sia il tipo) potrà trovarsi all'altro capo del pianeta; ma dovrà, in ogni caso, essere conosciuta personalmente da noi* e, di preferenza, viva. *Infine, quale ultima scelta, indirizzeremo tutta la nostra bontà all'assieme degli esseri, umani, animali ed altri,* sia che li si conosca, oppure no; o che li si riesca a visualizzare o meno.

Dopo di ciò, *riprenderemo il ciclo dal primo obiettivo scelto;* oppure continueremo senza di esso, se realizziamo che la nostra diffusione di mettā è sufficientemente importante e regolare per fare a meno di un supporto; salvo a riprenderlo, ogni vlta che sia necessario.

     
 
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