Notes

Ripetizione di scongiuri

Nonostante i praticanti moldavi citati in precedenza estremizzassero questa tecnica arrivando a volte addirittura a quattro ore di ripetizione ininterrotta di particolari formule, è comunque possibile riprendere tale pratica in maniera più flessibile impiegando un minor lasso di tempo.
Infatti che la ripetizione porti alla trance e che sia stata impiegata anche in Italia si evince dal lavoro di De Martino, il quale parla, a questo proposito, di "condizione psichica oniroide controllata" [CORSIVOOOOO].
Un esempio che fornisce è quello di un rituale per trattare la fascinazione. In esso la rimediante ripete bisbigliando una formula particolare seguita da preghiere cattoliche (ricordo che De Martino riporta una realtà magica ormai quasi totalmente cristianizzata, sebbene tali pratiche siano certamente radicate in un passato precristiano).
La ripetizione porta la praticante in uno stato alterato di coscienza, al punto da permetterle di arrivare a recepire informazioni sullo stato della paziente e a comunicarle mediante segnali facciali (sbadiglio, lacrime o assenza di tutto ciò a seconda del caso) se è o non è vittima di fascinazione.
[FONTEEEEE!!!!]
È possibile ipotizzare, a questo punto, che anche la famosa formula "Unguento unguento
portami alla noce di Benevento,
sopra acqua e sopra vento
e sopra ogni maltempo", con le sue quasi infinite variazioni locali, che si ritrova nei processi di tutta Italia, fosse impiegata (in associazione, probabilmente, con l'uso di un unguento composto da erbe allucinogene) proprio in questa maniera (sebbene l'assunzione di elementi psicoattivi quasi sicuramente faceva sì che tale formula non necessitasse di una ripetizione troppo lunga), così come formule analoghe negli altri Paesi europei.
Difatti nei processi troviamo quasi sempre una formula che l'imputata ripeteva prima del Volo. Considerando anche che spesso si è ipotizzato che in molti casi l'elemento dell'unguento fosse soltanto simbolico, è probabile ritenere che anche la ripetizione di uno scongiuro fosse in grado, da sola, di mandare una persona in trance e quindi a viaggiare in Spirito.
Se vogliamo riprendere questa tecnica possiamo dunque trarre spunto da formule storicamente accertate che venivano pronunciate prima dell'unzione con l'unguento riportate nei processi o nel folklore, come la sopramenzionata "Unguento unguento...", modificandole in modo appropriato (ad esempio se non si usa un unguento è meglio togliere il riferimento ad esso, così come ha poco senso al giorno d'oggi parlare del noce di Benevento, salvo non lo si intenda come un simbolo metafisico per l'Altro Mondo).
In alternativa è possibile creare il proprio scongiuro (seguendo il modello dell'"historiola" [CORSIVOOOO] citato nel capitolo sulla magia) o la propria formula personale, che abbia come fine il contattare un proprio Famiglio (interno o esterno) in modo che ci accompagni e ci faccia da guida nel viaggio nell'Altro Mondo.
Una volta che abbiamo la formula il resto è molto semplice: si tratta di ripetere, o addirittura mormorare, lo scongiuro ad occhi chiusi.
Ci si deve concentrare sul suono della propria voce, o, se si è dei tipi particolarmente visivi e ci si distrae facilmente con immagini mentali, sia sulla propria voce che sul nero che vediamo dietro le palpebre.
Arriveranno pensieri, immagini mentali, ma non ci si deve lasciar prendere da essi, nè pensare che tali immagini siano "visioni". Quasi sicuramente si tratterà di illusioni e di pensieri distraenti che andranno ignorati riconcentrandoci su ciò che si sta dicendo e/o sul nero.
Potranno arrivare, invece, se si sarà abbastanza concentrati e probabilmente dopo le prime sessioni, delle visioni particolarmente nitide, con colori più sgargianti, improvvise e spesso accompagnate da sensazioni intense. In quel caso si sarà certi che si tratterà di una visione vera dell'Altro Mondo o del Famiglio chiamato.
Il susseguirsi di visioni autentiche porterà il praticante a vivere un vero e proprio viaggio nel Mondo degli Spiriti.
È preferibile far durare inizialmente l'esercizio tra i venti minuti e la mezz'ora, per poi aumentare fino a trovare il giusto tempo oltre il quale non si riuscirà più a mantenere la concentrazione.