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CORRENTI LETTERARIE

POSITIVISMO
Corrente di pensiero, affermatasi in Europa nella seconda metà del sec. XIX, secondo la quale la filosofia, abbandonando le astrattezze della metafisica, doveva limitarsi a organizzare i dati delle scienze sperimentali.
REALISMO
Nella filosofia scolastica (contrapposto a nominalismo e a concettualismo ), posizione che sosteneva la realtà oggettiva dei concetti universali o come trascendente agli individui o come immanente negli individui.
NATURALISMO
Dottrina filosofica, corrente o movimento artistico o culturale, che interpreta tutti i contenuti e le esigenze della vita, nonché le sue manifestazioni, in chiave scientifica e biologica e assume la natura come unica realtà o come il modello da rispettare, riprodurre o imitare; part., la corrente letteraria sorta in Francia nella seconda metà dell'Ottocento, secondo la quale l'artista deve riprodurre la realtà con la massima fedeltà.
DECADENTISMO
Atteggiamento spirituale e artistico affermatosi come reazione al naturalismo, e quindi volto di preferenza a problemi connessi con la vita interiore e con l'esplorazione del subcosciente, presentati attraverso immagini simboliche o inusitate e forme preziose.
SIMBOLISMO
Il movimento simbolista è nato quindi in Francia e la sua fondazione si ha grazie alla pubblicazione del Manifesto del Simbolismo ad opera del poeta francese Jean Moréas in data 18 settembre 1886. Vengono fatti dei confronti tra simbolismo, decadentismo e del naturalismo, analizzando anche delle analogie e delle differenze di fondo nei temi che i tre movimenti artistico-letterari presentano.
VERISMO
Corrente letteraria dell'Ottocento italiano: nacque da una diffusa reazione realistica all'idealismo del tardo romanticismo, in corrispondenza del naturalismo francese di cui accolse, in via teorica, le istanze sociali e l'esigenza di una narrazione rigorosamente oggettiva.
La poetica verista elaborata da Verga e Capuana si ispira a quella del Naturalismo francese che considera lo scrittore come uno scienziato. Di ogni fenomeno egli devo solo mostrare i rapporti causa-effetto,i condizionamenti ambientalie le leggi ereditarie.


AUTORI

VERGA
Verga nacque a Catania nel 1840 da una famiglia di proprietari terrieri. Si dedicò al lavoro letterario e al giornalismo politico senza prima finire gli studi e questa formazione irregolare segna la sua fisionomia di scrittore particolare, che si allontana dalla tradizione di autori con una profonda cultura umanistica. Il gusto di Verga si forma attraverso gli scrittori francesi moderni di vasta popolarità, ai limiti con la letteratura di consumo; insieme ai romanzi storici italiani, queste letture lasciano un'impronta sensibile nei primi romanzi di Verga.
Nel 1872 si trasferisce a Milano, centro culturale più vivo della penisola, dove entra a contatto con gli ambienti della Scapigliatura. Nel 1878 avviene la svolta verso il Verismo, con la pubblicazione di Rosso Malpelo. Ai soggiorni a Milano si alternano i ritorni in Sicilia dove torna a vivere definitivamente a partire dal 1893. Dal 1903 Verga si dedica alla cura delle sue proprietà agricole, e le sue posizioni politiche si fanno sempre più chiuse e conservatrici. Muore nel 1922.
ROSSO MALPELO
Nel 1878 esce un racconto che si distacca completamente dalla materia e dal linguaggio della narravita precedente, ossia non vengono più trattati gli ambienti mondani, le passioni raffinate ed artificiose ed il soggettivismo. Questo racconto è “Rosso Malpelo”, la storia di un ragazzo di miniera che vive in un ambiente duro e disumano; è narrato con un linguaggio nudo, che riprende il modo di raccontare della narrazione popolare. É la prima opera di natura verista, ispirata ad una rigorosa impersonalità che arriva successivamente ad un periodo di crisi e un silenzio di tre anni.
LA LUPA
Questa novella racconta del folle amore di Pina, una donna gia matura , per il giovane Nanni. Spicca su tutte proprio la figura della donna, detta La Lupa per il carattere passionale e inquietante che la contraddistingue dalle altre comari del villaggio.
I MALAVOGLIA
I Malavoglia è considerato come il capolavoro letterario dell'intellettuale siciliano Giovanni Verga, il quale è considerato come l'esponente principale del verismo italiano e anche il suo fondatore. Nei suoi romanzi Verga racconta scene di vita quotidiana, rappresentando quindi le vicende che riguardano gli umili, ovvero quelle persone semplici come per esempio i pescatori. Ne I Malavoglia, Verga racconta le vicende della famiglia Malavoglia, il cui capostipite è Padron 'Ntoni, il quale è considerato come membro più saggio della famiglia; si tratta di una famiglia di umili pescatori siciliani, le cui vicende si svolgono nel paesino siciliano di Aci Trezza. I personaggi rappresentati sono persone semplici e vengono ripercorse le loro vicende personali.

GIOVANNI PASCOLI
nasce a S. Mauro di Romagna nel 1855, nel 1862 entra nel prestigioso collegio dei Padri Scalopi a Urbino, da dove porterà avanti i primi studi, sino all’anno 1871.
Nel 1867 morirà il padre Ruggero, assassinato nel suo carro, sulla strada del ritorno verso casa. Mai scoperti gli autori di tale reato, solo alcune supposizioni.
Il padre rivestiva l’ambita carica di amministratore dei beni dei principi di Torlonia.
Questo evento lascerà un segno indelebile nel pensiero pascoliano, andando ad influenzare inevitabilmente tutta la produzione del poeta.
Di lì a poco succederà la morte della madre, accompagnata da quella dei due fratelli e di una sorella: Pascoli uscirà dal lutto familiare accompagnato dalle sole due sorelle, Ida e Maria.
Il poeta tenterà così di ripristinare la parvenza di una famiglia e, a conclusione della sua carriera di insegnate, si ritirerà a vivere con le sorelle. A questo proposito il loro rapporto farà molto discutere.
Sulle orme di queste relazioni ambigue nasceranno anche gli interessi di critici e psicologi, i quali sonderanno le intime vicende di casa Pascoli, intrise di rapporti equivoci e morbosi. Da molte poesie di Pascoli emerge anche la visione turbata della sessualità del poeta.
Nel 1873 Pascoli ottiene una borsa di studi per l’Università di Bologna, dove si iscriverà alla facoltà di lettere. Qui conoscerà il socialista Andrea Costa, avvicinandosi al gruppo degli anarchici romagnoli e partecipando ai primi moti socialisti. Prenderà parte anche alla manifestazione in difesa di Gaetano Bresci, pagando lo scotto della prigione, dove sarà detenuto per tre mesi assieme ad altri anarchici. Qui finirà la sua attività politica, in favore degli studi accademici, che riprenderà di lì a poco presso l’Università romagnola. Nel 1882 si laurea.
Comincia a questo proposito la sua attività di professore, che lo vedrà insegnare latino e greco presso alcuni dei più prestigiosi licei italiani.
Nel 1906 succederà alla cattedra del Carducci, suo mentore.
Comprerà quindi una casa a Castelvecchio dove si trasferirà con le sorelle. Morirà nel 1912, poco tempo dopo la conquista italiana della Libia. Proprio in occasione di questa impresa scriverà il famoso saggio “La Grande Proletaria si è mossa” e quello sulla poetica del “Fanciullino”.
MYRICAE
Myricae è una raccolta di poesie di Giovanni Pascoli, pubblicata in successive edizioni tra il 1891 e il 1903 (anno dell'edizione definitiva).
La struttura formale coincide nelle sue linee portanti con i grandi temi strutturali della raccolta: innanzitutto, il dialogo tra l'io del poeta e la realtà esterna, costituita dal "piccolo mondo" mitizzato delle cose di natura, col loro carico di significati altrettanto simbolici, con un frequente senso del mistero.
Due elementi principali: l'evocazione e contemplazione della morte (il punto di vista soggettivo della poetica del dolore e del ricordo).
X AGOSTO
La poesia è dedicata alla morte del padre, che Pascoli collega a quella di una rondine, uccisa anch'essa senza motivo mentre torna al nido dove l'attendono i suoi piccoli.

GABRIELE D'ANNUNZIO
Gabriele D'Annunzio nacque a Pescara nel 1863. Studiò a Firenze presso il Liceo Cicognini e conseguì la licenza liceale, s'iscrisse alla facoltà di lettere di Roma. Dal 1897 al 1903 si dedicò interamente alla produzione teatrale. Nel 1910 si trasferì in Francia dove scrisse testi teatrali in francese. Nel 1925 D'Annunzio ritornò in Italia e partecipò alla Prima Guerra Mondiale come volontario. Promosso tenente colonnello, guidò spericolate azioni tra cui il noto volo su Vienna nel 1918. A guerra finita si fece interprete dell'insoddisfazione per la "vittoria mutilata" e alla testa dei legionari di Ronchi occupò Fiume e nel 1920 proclamò la reggenza del Quarnaro. Nel 1921 lasciò la politica attiva e si stabilì sul Lago di Garda nella villa da lui chiamata il "Vittoriale degli italiani". Nel 1924 Mussolini lo nomina principe di Montenevoso. Morì il 1° Marzo del 1938.
IL PIACERE
Il primo romanzo dannunziano, Il piacere (1889), nasce nel clima della raffinata e mondana esperienza romana e segna la compiuta espressione del decadentismo italiano. L'autore si autoritrae con ingenuo entusiasmo nel giovane Andrea Sperelli, che disprezza ogni forma volgare di vita. Dominato dall'artificio e dalla finzione, Andrea intrattiene un rapporto ambiguo, ora passionale, ora distaccato, con gli oggetti e le persone che lo circondano. L'autore orienta i lettori verso una sbalordita ammirazione per il bello di cui il romanzo confeziona molteplici immagini, dagli ozi edonistici del protagonista agli scorci monumentali di Roma.
ALCYONE
E’ il terzo libro in cui D’Annunzio vuole celebrare l’estate e il suo valore simbolico. Per D’Annunzio, l’estate corrisponde al periodo più rigoglioso della vita di un uomo e all’energia dell’ispirazione artistica.
Alcyone è suddiviso in cinque sezioni per un totale di 88 testi. Le cinque sezioni sono distinte da specificità tematiche; ogni sezione è caratterizzata dal riferimento a un momento stagionale e ad un ambiente naturale-paesaggistico, nonché da un corrispondente stato d’animo. Il libro è aperto dal testo poetico La Tregua che funge da cerniera tra Alcyone e gli altri due libri. Mentre gli altri due libri volevano rappresentare l’impegno eroico-civile del superuomo, Alcyone costituisce una tregua del superuomo, il suo momento di riposo di abbandono alla natura, infatti, il tema fondamentale sarà il panismo (identificazione dell’uomo con la natura).

LUIGI PIRANDELLO
Luigi Pirandello nacque nel 1867 a Girgenti da una famiglia agiata. Studiò al liceo classico di Palermo, poi si iscrisse alla facoltà di Lettere. Di qui passò nel 1887 all'università di Roma, poi a quella di Bonn dove conseguì la laurea. Al suo ritorno, volendo dedicarsi alla letteratura, si stabilì a Roma dove cominciò a collaborare con poesie e scritti critici a riviste come la "Nuova Antologia" e il "Marzocco". Nel 1894 Luigi Pirandello sposò Antonietta Portulano, dalla quale avrà tre figli. Nel '97 gli venne conferita, presso l'Istituto Superiore di Magistero, la cattedra di stilistica e poi di letteratura italiana, che terrà fino al 1925. Seguì, a partire dal 1903, un periodo difficile per lo scrittore, a causa della rovina dell'azienda paterna e con essa del patrimonio suo e della moglie. Intanto pubblica poesie, saggi, romanzi e novelle, ma la fama gli arriva come autore drammatico. A partire dal 1922 Luigi Pirandello organizza una raccolta completa delle sue novelle sotto il titolo "Novelle per un anno", che allude al progetto, rimasto incompiuto (con un totale di 218 novelle), di scrivere una novella per ogni giorno dell'anno. Nel '25 Luigi Pirandello lascia l'insegnamento per dirigere il Teatro d'arte di Roma e fondare una sua compagnia. Nel '34 gli fu conferito il Nobel per la letteratura. Morì a Roma nel 1936.

Uno dei saggi più importanti di Pirandello è L’umorismo, che risale al 1908; in esso si possono scorgere la concezione dell’arte e la poetica del poeta.Il volume si compone di una parte storica, in cui l’autore esamina le varie fasi dell’arte umoristica, e di una parte teorica, in cui viene definito il concetto di umorismo.

Comicita e Umorismo
comico nasce dal semplice avvertimento del contrario, cioè la percezione, che qualcosa provoca il riso, che una situazione o un individuo sono il contrario di come dovrebbero essere. L'umorismo invece è il sentimento del contrario, che si avvia riflettendo sulle ragioni per cui un soggetto o una situazione sono il contrario di come dovrebbe essere, al riso subentra il sentimento amaro della pietà.
IL FU MATTIA PASCAL
Mattia Pascal, però, invece di approfittarsi di questa situazione, cerca di costruirsi una nuova identità, mantenendosi fedele all’attaccamento della vita sociale, alla trappola familiare, e pertanto soffre perché la società lo esclude. Ritorna pertanto in famiglia, dove però scopre che la moglie si è risposata e ha avuto anche una figlia con un altro. In seguito a ciò, decide di adattarsi alla sua condizione di <<forestiere della vita>>, contemplando gli altri dall’esterno, consapevole di non essere più nessuno.
Le novità interessano principalmente l’impianto narrativo: non troviamo più infatti la narrazione in terza persona da parte del narratore esterno, ma il romanzo è raccontato dal protagonista stesso in forma retrospettiva; infatti Mattia Pascal, alla fine della sua esperienza, affida la sua esperienza ad un memoriale.
UNO NESSUNO CENTOMILA
Il protagonista è Vitangelo Mostarda; egli scopre che gli altri si sono fatti una immagine diversa da quella che egli stesso si era creato di se stesso, pertanto scopre di non essere <uno>, ma di essere <centomila>.
Questa presa di coscienza determina in lui una crisi sconvolgente. Egli, infatti, ha orrore delle forme in cui gli altri lo chiudono, e quindi teme la solitudine. Decide quindi di distruggere tutte le immagini che gli altri si fanno di lui, e cerca di esser <uno per tutti>. Si fa ferire gravemente da un’amica della moglie, colta da un raptus inspiegabile di follia, e, decide di fondare un ospizio di poveri dove egli stesso vi si fa ricoverare.
Mentre guarisce, trova una sorta di guarigione dalle sue ossessioni, rinunciando ad ogni identità e abbandonandosi al puro fluire della vita, estraniandosi dal mondo. Inoltre, egli trasforma la mancanza di identità in liberazione completa della vita.

ITALO SVEVO
Nasce a Trieste nel 1861 da una famiglia borghese, il padre , un imprenditore che lavora in un'azienda di vetrami, cerca di fornire ai figli un'educazione commerciale consentendogli di studiare lingue e mandandoli in Germania, paese molto più sviluppato dell'Italia a livello scolastico. La Trieste di fine 800 è una realtà molto distaccata dal resto dell'Italia, infatti è una città di porto, molto orientata verso l'est Europa. Il nome Italo Svevo, in realtà è uno pseudonimo, il suo vero nome è infatti è Ettore Smithz. Terminati gli studi Svevo inizia a lavorare in banca, in una filiale della banca di Vienna, dove resterà per vent'anni (infatti la ditta del padre aveva avuto un crack economico ed era fallita). Tutte le sue conoscenze letterarie sono frutto di studi personali eseguiti da autodidatta nel tempo libero, egli approfondisce i classici italiani, soprattutto Carducci, legge i testi dei naturalisti francesi, e, sapendo il tedesco, analizza molte tragedie di Smiller e dei romantici tedeschi. Inizia a comporre per diletto, non pubblicando però niente fino al 1892, anno in cui da alle stampe “una vita”, romanzo che però fu totale fallimento sia a livello di critica che di pubblico. Nel 1896 si sposa, abbandona la banca, e, nel 1899 inizia a lavorare nella ditta del suocero (una ditta di vernici sottomarine) dove fa tantissima esperienza commerciale. Nel 1898 scrive “Senilità”, che però si rivela un altro flop. Decide per questo di smettere di scrivere e dedicarsi solo al lavoro. In questi anni continua a leggere, approfondisce la sua conoscenza dei romanzieri russi, dei filosofi i quali Schopenhauer e Nietzsche, e nel 1908 si avvicina alla psicoanalisi di Freud, che sperimenta anche su di sé. Questa la porta a considerare la malattia dell'uomo come strettamente legata alla condizione della vita moderna: Svevo pensa che la società si divida in due categorie: i sani e i malati. Nel 1923 decide di tornare a scrivere e pubblica “la coscienza di Zeno”, che però all'inizio, similmente ai libri precedenti, si rivelerà un fallimento. Dopo tre anni, però, la critica inizia ad elogiarlo, grazie a molti articoli fatti da Montale e Joyce. Svevo inizia quindi ad essere apprezzato non solo in Italia, ma in tutta Europa. Nel 1927 decide di pubblicare, dopo una revisione stilistica, “senilità”, che questa volta gli darà un discreto successo. Nel 1928 muore in un incidente automobilistico.

Tutte le sue opere hanno uno stile molto simile: vedono la presenza di due figure contrapposte: una sveglia, attiva, l'altra inetta, incapace di vivere. L’inetto, però, subirà un’evoluzione nel corso dei libri, arrivando alla sua espressione più completa solo con “la coscienza di Zeno”

LA COSCENZA DI ZENO
Il libro, diversamente dai libri precedenti ha la struttura di un diario psicoanalitico. La narrazione è molto libera:, infatti Svevo scrive utilizzando la prima persona, creando dei capitoli separati sia a livello cronologico che contenutistico. Alcuni fatti, vengono ripresi in più capitoli, ma il modo
diverso, questo consente al lettore di creare un quadro più preciso della figura di Zeno Cosini, il protagonista. Svevo, si rende però conto che, usando la prima persona, è molto difficile non cadere in un racconto autobiografico. Questo fatto sarà molto evidente nell'ultima parte del Romanzo, dove, con la voce di Zeno, Svevo darà la sua visione del mondo e del progresso. Lo scopo del diario per Zeno, e quindi per Svevo, è quello di prendere i ricordi passati, registrati dalla memoria e poi dal diario, per poterli poi utilizzare, per comprendere meglio la propria vita. La memoria secondo l’autore non è quindi capace di creatività, è solo logica e razionale.
     
 
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