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Se la domanda sulla morte viene posta quando è appena avvenuta la morte di qualcuno a cui il bambino teneva molto, qualunque sia la vostra posizione religiosa e anche se siete l’ateo più convinto del mondo tenete presente che al bambino viene spontaneo pensare che i morti siano andati da qualche altra parte.

La mentalità dei bambini ripercorre le tappe di sviluppo dell’intera umanità, e le prime tracce di cultura nei popoli primitivi sono comparse proprio con il culto della sepoltura dei morti, legato all’idea che il ‘loro spirito’ esistesse ancora in un altro luogo.

Il bambino si trova in questo stadio di sviluppo e al momento gli viene più naturale pensare che il nonno, la nonna e il suo gattino non siano spariti per sempre.
Avrà tutta la vita per decidere se preferisce ritenere che l’esistenza si esaurisca con la morte o meno, ma al momento l’idea della dissoluzione totale gli risulta ben poco comprensibile e molto angosciante. E visto che nessuno può avere delle certezze matematiche su che cosa succeda dopo la morte, non si vede proprio perché dovreste angosciarlo adesso.

Chi ha una precisa posizione religiosa ovviamente tenderà a fornire al bambino le risposte sulla morte che sono coerenti con la sua fede. Della loro adeguatezza a seconda dell’età del bambino si sono già occupate tutte le dottrine e quindi non occorre dare qui dei grandi suggerimenti su come rispondere.
Per coloro che invece non hanno una posizione religiosa, o che fossero aperti a diverse possibilità non facilmente classificabili in nessuna ortodossia, possono risultare utili le seguenti riflessioni, basate esclusivamente sul funzionamento della mentalità dei bambini e sui loro bisogni affettivi.

In situazioni normali la morte va presentata ai bambini come qualcosa di naturale, senza insistere su particolari truculenti. «Il corpo finisce di funzionare e il cuore smette di battere...insomma, si ferma...Di solito capita quando si è molto vecchi ed è tempo di riposare.»

Se invece il bambino ha avuto la pena di vedere sotto i suoi occhi una morte particolarmente dolorosa (cosa dalla quale, se possibile, sarebbe veramente meglio tenerlo lontano) è inutile cercare di fargli credere quello che sa benissimo che è falso. Allora è meglio ammettere: «Certe volte le cose vanno diversamente, ma per fortuna non è per niente comune».

Non è il caso di rispondere con frasi del tipo: «La nonna sta solo dormendo», perché la domanda successiva sarebbe ovviamente: «E quando si sveglia?» E al bambino potrebbe venire la paura di addormentarsi anche lui e di non svegliarsi più.

Non vanno bene neppure risposte del tipo: «È andata a fare un viaggio», perché un bambino considera molto poco gentile che qualcuno di caro preferisca fare tutti questi viaggi invece di stare con lui...E poi, che viaggi lunghi fa la nonna alla sua veneranda età! Non è minimamente credibile, e i bambini non sono stupidi. A meno che il tema del ‘viaggio’ non venga invece inserito in un quadro simbolico più ampio che riguarda tutti noi alla fine della vita, nel qual caso può andare benissimo ed essere una buona metafora facilmente comprensibile.

I bambini molto piccoli non riescono comunque a farsi una idea di che cosa possa significare ‘essere morti’: la loro mente è più nel presente e meno concettuale di quella degli adulti e il loro vissuto della morte è semplicemente quello di ‘assenza’, che capita anche in altre occasioni. Per loro la persona morta non c’è, non è lì, punto e basta.
Quindi si può anche dire loro semplicemente: «La nonna è morta» e occuparsi invece del fatto che la quotidianità del bambino non ne sia stravolta.

Qualunque concetto di morte ha bisogno dello sviluppo della memoria per formarsi, ovvero del ricordo di qualcuno che prima c’era e adesso non c’è, il che porta a chiedersi dove sia andato...Per quanto ne sappiamo, la percezione della morte nei bambini che iniziano a sviluppare la memoria è simile a quella degli animali, che non costruiscono tombe, ma che possono soffrire della mancanza dell’amato fino a lasciarsi morire.
Man mano che il bambino cresce, la sua mentalità comincia ad assomigliare di più a quella delle culture umane primitive, che hanno universalmente ritenuto che i morti andassero in un loro regno specifico. Una risposta generica che alluda a questo passaggio di condizione e che lo segnali come naturale è sufficiente a chiarire il concetto e si accorda con la loro struttura mentale.

Se il bambino era molto attaccato alla persona scomparsa, in questo tipo di messaggi si può rassicurarlo che si tratta di un ‘arrivederci’ e non di un ‘addio definitivo’, dicendo cose come: «La nonna ora è morta, ma morire è una cosa naturale e un giorno ci rivedremo tutti».
È meglio comunque tranquillizzarlo subito sul fatto che la cosa non sta per accadere anche alla sua mamma o al suo papà: «Comunque stai tranquillo, si muore da vecchi, e a noi manca ancora tanto tempo...quindi non è proprio il caso che tu ti preoccupi adesso».

Quanto al dolore del lutto, è meglio non esibirlo troppo davanti ai bambini piccoli, perché fanno molta fatica a capire le dimostrazioni di cordoglio e vedendo tanto dolore si fanno solo l’idea che sia capitato qualcosa di oscuro e terribile e sia per questo che tutti piangono.
In realtà noi piangiamo per la mancanza che ‘noi’ sentiamo della persona cara, non sappiamo proprio come stia lui o lei...In altre culture si fanno delle grandi feste alla morte di qualcuno, perché tutti sono convinti che sia andato a stare molto meglio e sono contenti per lui; ma non nella nostra cultura, e non possiamo certo pretendere allegria e risate. È curioso notare che, a parte i casi di grande sofferenza per la malattia, tutti si sentano un po’ dispiaciuti per il morto stesso, quando sarebbe più logico sia per gli atei che per i religiosi pensarlo indifferente o in condizioni migliori (era proprio così cattivo da ritenerlo di sicuro all’inferno?), ma a quanto pare le nostre radici tragiche greche rimangono piuttosto solide, o forse abbiamo delle convinzioni più nascoste di quelle che esplicitiamo.

Comunque, se capita, come è naturale, di scoppiare in un pianto o in una manifestazione di dolore quando il bambino è presente, la cosa migliore da dire è qualcosa del tipo: «No, caro, la nonna sta benissimo dov’è...è solo che a me manca un po’, ed è per questo che sto piangendo, ma adesso andiamo a giocare, così mi passa...
     
 
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