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Dalle proteste pacifiche del 21 novembre 2013 per un mancato accordo tra Ucraina e UE alle violente manifestazioni che hanno messo in pericolo il delicato equilibrio fra le grandi potenze mondiali. Seppur i proiettili abbaino cessato di fischiare nelle piazze, in mezzo ai manifestanti, ai medici e ai giornalisti, gli eserciti sono tuttora dislocati e le sorti di un paese si stanno man mano definendo.
Dichiarandosi ottimista, ci ha parlato della situazione che continua ad allarmare il mondo intero Agostino, un veterinario italiano che da più di dieci anni ha lasciato il nostro paese per fare l’imprenditore a Kiev, dove vive commerciando il Made in Italy di qualità, di cui pare gli Ucraini vadano pazzi.

Quando sono iniziate le contestazioni?
“Le proteste sono cominciate nel Novembre 2013, quando il governo ha deciso di non firmare l’accordo di associazione tra Ucraina e Unione Europea, a cui si stava lavorando da più di un anno e che prevedeva, tra le altre cose, il libero scambio delle merci e la facilitazione nell’acquisizione dei visti Schengen per i cittadini ucraini. Poco dopo è partita la protesta vera e propria, dapprima in maniera molto tranquilla. Le tensioni sono iniziate ad aumentare solo quando la polizia ha cominciato a usare la forza contro i manifestanti. Da quel momento è esplosa l’esasperazione che covava da tempo nelle persone, ormai stanche di un sistema malato, e la partecipazione alle manifestazioni si è fatta sempre più massiccia.
É dunque cambiata anche la posta in gioco: i cittadini ucraini hanno iniziato a chiedere un cambio radicale del sistema, che è basato su una corruzione dilagante, penetrata in tutti i livelli della società, sulla mancanza di uno stato di diritto e sull’assenza di una qualsiasi prospettiva per il futuro. La gente ha iniziato a pretendere dalla classe politica un sistema più giusto e trasparente.“

Perché il governo non ha firmato?
“A causa di Putin, che, a seguito di forti pressioni e a suon di miliardi finiti nelle tasche del presidente Yanukovich, ha fatto sì che quest’accordo non fosse firmato.”

Quali interessi hanno spinto il presidente russo in questa direzione?
“Per rispondere si rende forse necessario fare un passo indietro: d alla fine del dominio mongolo (quando il territorio della “Rus’ di Kiev” fu diviso fra Polonia, Lituania e Russia), fino al 1783, quando tutta l’Ucraina venne annessa alla Russia, un gruppo di slavi autoctoni, simili per alcuni aspetti ai nostri partigiani hanno combattuto per la libertà della loro terra contro Russi e Polacchi. Il popolo ucraino infatti cercò sempre di lottare contro il processo di russificazione, ma fu sistematicamente vittima di forti repressioni fino al 1990, quando con la caduta dell’Urss l’Ucraina divenne indipendente. E’ dunque normale che la Russia, che nacque proprio a Kiev, abbia forti legami d’identità etnica con tutta la parte ovest e sud del paese, e che consideri questa zona come un suo spazio d’influenza vitale. Per fare un esempio a Kiev esiste il più antico monastero ortodosso slavo, tipo il nostro Vaticano per capirci, che è assoggettato al patriarcato di Mosca e non a quello della capitale ucraina. Oltre a questi motivi identitari, ci sono gli interessi che stanno molto più a cuore a Putin e che lo hanno spinto a fare pressioni. Parlo delle ragioni militari ed economiche, che possiamo riassumere in quattro punti fondamentali: L’Ucraina offre uno sbocco strategico sul Mar Nero per la flotta russa dislocata in Crimea; è un’ottima zona cuscinetto fra l’area Nato, le sue testate missilistiche, e la Russia e consente il transito del gas russo verso l’Europa: è quindi fondamentale per il commercio degli idrocarburi, che, da solo, costituisce più della metà delle esportazioni russe. Sul piatto ci sono anche le immense terre fertili dell’Ucraina orientale.”

Che cosa sta frenando Putin?
“Secondo me, quello che trattiene Putin dallo scatenare un conflitto in Ucraina non è tanto la paura di un intervento Nato, quanto i problemi di una campagna militare in un paese con 50.000.000 di abitanti molti dei quali disposti a difendere con le armi la loro terra, sotto la guida di molti veterani di guerra ucraini dell’Afghanistan, con il rischio concreto di infilarsi in una guerra dagli esiti incerti e probabilmente disastrosi. Inoltre l’economia russa è in netta frenata e negli ultimi giorni il rublo ha subito forti svalutazioni, costringendo la banca centrale a intervenire con iniezioni di diversi miliardi di dollari. La borsa ha perso anch’essa decine di miliardi di dollari. Vi sono poi i problemi di politica interna, come l’aumento del dissenso in Russia contro questa guerra, nonostante la martellante propaganda di regime in tutte le tv e giornali, che mostra un’Ucraina vittima di un colpo di stato fascista, e i 3 milioni di immigrati ucraini che lavorano in Russia e che potrebbero creare non pochi problemi. Alla luce di tutto questo, io ritengo che non si arriverà ad uno scontro armato, ma si giungerà ad una soluzione diplomatica salvaguardando le richieste russe con il benestare dell’ America, in nome della pace e dell’ equilibrio mondiale a scapito delle reali esigenze di un cambiamento in questo paese. In caso contrario si potrebbe arrivare anche ad un conflitto armato nel cuore dell’Europa, nel qual caso non oso immaginare quali potrebbero essere i potenziali scenari, anche a livello globale.”
     
 
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